giovedì 15 marzo 2012

Statuto Uninsubria: publish and perish...


Lo scorso 6 marzo,
il nuovo statuto di Uninsubria ha ricevuto il prescritto parere favorevole in CdA con un solo voto contrario. A seguire, meno di un'ora dopo (evidentemente tra l'altro sulla base della sola informazione relativa al parere favorevole ma senza alcun dato di merito sulla pur articolata discussione in CdA), riunione del SA e definitiva approvazione.

Questione preliminare: si è trattato di una nuova adozione o di una semplice approvazione di modifiche sulla base delle osservazioni ministeriali pervenute lo scorso novembre? Le implicazioni non sono trascurabili. E' comunque probabile che la formula adottata sia stata sufficientemente vaga da consentire - nel quadro confuso e contraddittorio con cui siamo costretti a convivere - al bisogno in futuro qualsiasi interpretazione, ma questo lo scopriremo solo vivendo e dunque risparmiamoci per ora l'approfondimento. Degno di nota nel passaggio in SA, unicamente il fatto che anche qui non c'e' stata unanimità, bensì maggioranza favorevole e una singola astensione.

E veniamo ai contenuti. Lo statuto così come approvato difficilmente avrebbe potuto essere più critico e criticabile. L'eliminazione dell'elettività dei componenti interni mette l'organo in mano al futuro rettore (il che tra l'altro fornisce valide chiavi di lettura per quei pochi ma qualificati giudizi "benevoli" espressi da alcuni). Per gli appassionati dei dettagli tecnici, lo statuto all'art. 21 recita "il numero delle candidature proposte [dal rettore] al Senato accademico deve essere pari al doppio o comunque superiore al numero dei componenti da designare", che sono 4 (che poi la dizione non così chiara voglia dire 8 o più oppure consenta di prevederne anche solo 4+1, è altra questione che scopriremo tra qualche mese). Prosegue lo statuto: "Il Senato delibera la designazione dei consiglieri, a maggioranza dei due terzi dei componenti e a scrutinio palese". Dunque, nessuna sopresa nell'urna.

In CdA d'altra parte il rettore conterà già sul voto del vicario (ricordate il "ticket"? Il vicario resta di diritto in CdA, oltre che in SA, malgrado il richiamo ministeriale. Immaginiamoci un rettore che sceglie un vicario che gli vota contro...). Si aggiungono poi i due esterni che vengono, nell'attuale versione revisionata per ottenere il parere favorevole degli enti locali (sebbene qui il ministero non avesse eccepito nulla), direttamente designati dagli enti medesimi (!), che indicano una terna per sede, da cui il rettore sceglie. E qui il SA nemmeno viene consultato: e fanno quattro voti certi per il rettore (il suo, il vicario, i due esterni). E per quanto detto sopra, poco ci sarà da sperare negli altri quattro. Dei due studenti nemmeno val la pena dire: otto a due, con un mandato biennale e nella posizione di studente. Nemmeno un novello Gandhi o un redivivo Thoreau avrebbero qualche possibilità...

Di sfuggita: come mai si è lavorato tanto sui componenti esterni inventandosi un sistema che permette di fatto la designazione di rappresentanti, ma non si è nemmeno tentato di immaginarsi un sistema analogo per i componenti interni, a garanzia e mantenimento di almeno una forma indiretta di elettività? La domanda, pur formulata in seduta in due diverse fasi della discussione, è rimasta senza risposta. Come pure, la richiesta esplicita di prevedere seduta stante la modifica del testo (che pure in seduta è stato modificato in altre parti) è stata elusa.

Resta, quale sede di espressione di una qualche rappresentanza, il SA, che tuttavia la nuova legge relega a un ruolo meramente consultivo (e lo statuto non fa null'altro che fotografare la norma generale, nonostante alcune opportunità che si sarebbero potute sfruttare). Per buona misura, abbiamo fatto in modo di garantire in SA un'amplissima presenza di direttori di dipartimento: 5 sugli attuali 7! Le elezioni si faranno quindi per decidere chi sta fuori. Di fatto, è una fotografia dell'attuale commissione risorse (i presidi...), e così tutto cambia perché nulla cambi.

Tutto sbagliato, tutto da rifare, dunque? Certo è pur vero che non basta aver la possibilità di eleggere dei rappresentanti per garantirsi la democrazia e la rappresentatività. E' stato addirittura ricordato oggi in seduta di CdA, sostenendo che spesso è meglio non votare che votare essendo potenzialmente soggetti a pressioni e condizionamenti (sic!). Che è come dire che, se la gamba fa male, il rimedio migliore è tagliarla. Che è poi quel che in qualche modo oggi abbiam fatto.

E' con rammarico che va constatato come in un passaggio così cruciale per il futuro dell'Ateneo non sia stata offerta alcuna sede per approfondire, discutere e deliberare con la necessaria serenità e consapevolezza. Possiamo solo augurarci che non siano poi così tanti coloro che si sentono sollevati all'idea di vedersi ridotti gli spazi di informazione e partecipazione, anche perché (in assenza di "sorprese", ancora peraltro più che possibili riguardo al destino dello statuto...) tra qualche mese ci troveremo a scegliere il nuovo rettore. Dovremo farlo nella consapevolezza che scegliamo un collega al quale consegnare l'Ateneo "chiavi in mano" per 6 (sei!) anni di seguito, senza appello. Andrà dunque meditata la scelta e soprattutto nel frattempo andranno recuperati spazi di condivisione, riflessione e partecipazione che il nuovo statuto almeno nelle intenzioni inequivocabilmente tende a negare.

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